da ognuno secondo le sue possibilità, a ognuno secondo i suoi bisogni (Karl Marx)

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domenica 8 marzo 2015

tutele crescenti

E' in vigore il jobs act.
Come ho sostenuto più volte, le parole sono importanti, infatti questa moderna dizione inglese, dal sapore international,  vuole evidentemente rottamare anche linguisticamente il suono antico e, forse, ritenuto un po' provinciale, delle parole "statuto dei lavoratori".
In effetti, la definizione "jobs act" sta meglio in bocca ai Marchionne e ai Sacconi e ai Renzi, e, in generale, agli uomini dell'alta finanza (quella in grigio, non quella in griogioverde) che possono spararla secca come una fucilata senza essere più costretti a torcere le loro labbra poco adatte alla pronuncia dell'obsoleto e detestato vocabolo "lavoratori". 
Quando però non si fa la scelta radicale di una mascheratura anglosassone,  almeno in Italiano bisognerebbe trovare il coraggio di chiamare le cose col loro nome, 
E così, un contratto che prevede, in caso di licenziamento, un indennizzo crescente, parametrato sugli anni di anzianità lavorativa non si può certamente chiamare "contratto a tutele crescenti", sarebbe come se una condanna a morte effettuata con tortura o senza venisse definita "redenzione a tutele crescenti"; in realtà quello entrato in vigore è un  "licenziamento a contropartita crescente", oppure a "vulnus decrescente". Dargli il nome giusto non cambia di una virgola la modalità di sottrazione di diritti, ma almeno elimina il sospetto di essere obbligati a subire, oltre al danno, anche la beffa. 

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