da ognuno secondo le sue possibilità, a ognuno secondo i suoi bisogni (Karl Marx)

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giovedì 11 luglio 2013

fibrillazioni

Sarebbe meglio sì, occuparsi d'altro. Ma in questo paese si vive, e dunque, superato lo sconforto e lo stupore per la giustificazione balneare di Grillo, talmente preso dai problemi della collettività da differire l'incontro drammatico col Presidente della Repubblica per non rinunciare a qualche bracciata nel mare di Sardegna (incidentalmente, quello stesso mare che ha bagnato più volte i pregevoli lombi del Perseguitato, insieme a quelli, più anonimi e sodi, delle sue ospiti), si passa alla Fibrillazione di governo. 
La destra tutta fibrilla e, come un diapason, innesca pericolose vibrazioni anche nel centro-sinistra, se possiamo ancora chiamarlo così.
Un po' fibrillo anch'io, a onor del vero. Nelle parti basse.
Mi pare che i fatti siano questi: la magistratura cerca di far sì che un delinquente (conclamato, fino a prova contraria) non sfugga, mercé la prescrizione, ad un giusto processo. E quindi, chi è che si deve indignare?
Non è colpa dei giudici se il delinquente (colui che delinque) è anche l(e)ader della destra. Caso mai, è colpa della destra aver assegnato un ruolo pubblico a un personaggio del genere.
Si rassegnino Brunetta e Santanché. Resta sempre meno margine per fingere di avere il dubbio: lo processano così tanto perché ce l'hanno con lui o perché è lui che ce l'ha con noi?

martedì 2 luglio 2013

il lavoro rende liberi(sti)?


Manco per niente.
Il liberismo è l'ultima depravazione del capitalismo, una vera e propria piaga sociale.
Roberto Saviano, nel suo "Gomorra", afferma che i grandi camorristi non infiltrano neanche più l'economia, "sono" parte dell'economia, e pensano a sé non come  a grandi criminali, ma come a grandi imprenditori.
Questo loro pensiero, purtroppo, è solo apparentemente un paradosso.
Se infatti riteniamo che sia il profitto l'unico valore in grado di assorbire e regolare tutti gli altri e pensiamo di portare all'estremo le teorie liberiste, resta esile il confine tra il grande criminale e il grande imprenditore.
Dal punto di vista etico, ogni obiezione viene rapidamente superata con la liceità del diritto di impresa; dal punto di vista pratico, l'imprenditore dovrebbe essere regolato dalle leggi che il criminale non rispetta.
Quest'ultimo baluardo sembra robusto, una differenza non da poco.
E se le leggi le fa l'imprenditore?
E se le leggi le fanno politici asserviti, in qualsiasi modo, al criminale?
E se le leggi vengono fatte da un imprenditore criminale?
E se le leggi vengono vissute come "lacci e lacciuoli" di cui liberarsi per dare libero sfogo alla bramosia di profitto, approfittando di una cultura liberista che mal sopporta richiami a valori morali?
Ognuno di noi può giudicare quanto siamo vicini al verificarsi di questi casi.
Prendiamo l'articolo 18. Ma sul serio qualcuno pensa che la libertà di licenziare favorisca la ripresa economica?
Ci sono mille altre questioni più importanti; citandone solo alcune: gli investimenti in ricerca e istruzione, una fiscalità equa e solidale, una giustizia civile più rapida.
In realtà bisogna intendersi sul significato di ripresa economica. Una volta le aziende che licenziavano andavano in crisi, adesso capita che il loro valore azionario aumenti quando"razionalizzano"  e diminuiscono i costi di mano d'opera.
Il liberismo serve alla crescita dei pochi a dispetto dei molti e lo confermano i dati ufficiali sulla distribuzione della ricchezza che cresce, in questa crisi devastante, per chi è già ricco, aumentando di molto la povertà delle classi medie e medio-basse.
E quindi, il maledetto liberismo, bufala Tatcheriana e Reganiana, aumenta le tensioni sociali, come già vediamo, in giro per il mondo, rischiando di portarle a un cruento parossismo. 
A margine di questo sfacelo sociale, giusto per non farci mancare nulla,  prospera la categoria degli aguzzini.
Recita Treccani: aguzzino Ufficiale inferiore che sulle galere aveva il compito di sorvegliare e dirigere le manovre e di infliggere punizioni ai rematori.
Li avete visti nei film in costume, con tanto di fruste e bonghi, ricordate? Erano bruti nerboruti e odiati che servivano a far andare la nave più veloce distribuendo frustate. Al primo abbordaggio, approfittando della confusione, i rematori tagliavano loro volentieri la gola. 
Oggi ce li ritroviamo nelle aziende, non sono più nerboruti e al posto delle fruste e dei bonghi usano fogli excel, slide e riunioni motivazionali, magari in videoconferenza. Fanno finta di essere manager, ma non ne hanno la tempra, né il talento.Tanto più guadagnano quanto più frustano i rematori per conto del capitano di turno, insomma, campano sul sudore altrui e sulla propria capacità di adeguarsi senza ritegno ai desideri dei superiori; sudando, loro, solo quando avvertono pressioni dal di sopra, che scaricano, volentieri e acriticamente, al di sotto.
Mi pare, insomma, che il capitalismo, che all'inizio della sua epopea è anche servito ad allargare l'accesso al  benessere, nella sua forma attuale, spinta  e deteriore, quell'accesso lo stia contraendo a dismisura, fornendo anche una risposta eloquente a quelle anime belle e a quelle dannate che sostengono che il liberismo, ossia la dittatura dei mercati, non è né buona né cattiva, non ha appartenenza politica.
Balle! Allargare il benessere a più persone possibile è sempre stata un'idea di sinistra, restringerlo a pochi privilegiati, infischiandosene della sorte degli esclusi è di sicuro un concetto di parte avversa.