da ognuno secondo le sue possibilità, a ognuno secondo i suoi bisogni (Karl Marx)

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venerdì 30 marzo 2012

dittatura del mercato

Due uomini si sono dati fuoco, di recente; a quanto pare, ridotti alla disperazione dalla crisi che li ha resi poveri e senza speranza.
Credo che sia corretto pretendere l'onestà di non strumentalizzare tragedie di questo tipo, e tuttavia, è necessaria anche la lucidità che permette di vedere come, al di là di ipocrisie e frasi di circostanza, fatti del genere siano considerati sempre di più "effetti collaterali" dai nostri perversi signori: I Mercati.
I segnali ci sono tutti.
Gli atti politici, in Europa, (ma anche nel mondo) sono al servizio della balla colossale della crescita infinita, e sull'altare di questa teoria fasulla (non c'è niente, nella realtà, che cresca all'infinito) bruciano denaro, risorse ed esistenze.
L'esempio ce l'abbiamo davanti tutti i giorni: possiamo fare sacrifici enormi, ma se lo spread sale, cioè, se i Mercati non sono abbastanza convinti, il denaro risparmiato si brucia in un batter d'occhio.
E, naturalmente, i Mercati non si muovono secondo equità o giustizia, ma solo ed esclusivamente secondo profitto, quindi ogni transazione risponde solo alla ricerca del guadagno; come a dire che se fosse conveniente affossare un'azienda o uno Stato per far guadagnare un gruppo di grandi scommettitori, i Mercati non verserebbe una lacrima, anzi.
I Mercati sono un po' come quell'imprenditore la notte del terremoto all'Aquila, quello che rideva pensando alla ricostruzione, ricordate?
Allora ci siamo indignati tutti per una cosa che accade ogni minuto, sui Mercati.
Anzi, lì se i terremoti non arrivano, c'è chi si dà da fare per provocarli.
E allora che senso ha correre virtuosamente dietro a qualcosa che si avvicina o si allontana indipendentemente dalla nostra volontà?
Fornero ha detto che non è stata chiamata a distribuire caramelle. Come a dire che tutti i poveri generati dalla riforma delle pensioni si devono rassegnare all'unico conforto delle sue lacrime.
In nome di che cosa?
Non di un futuro migliore, no. Del capriccio dei Mercati che, se produrranno ricchezza, non la distribuiranno certo a loro.
Monti ha detto che le aziende hanno paura di assumere perché non possono licenziare, mostrando, una volta di più, che l'unica speranza di questa "riforma del lavoro" è quella di una turnazione dei disoccupati, senza aumentare di una unità i posti di lavoro.
D'altra parte, altri esponenti del nostro governo affermano che è nell'interesse delle aziende non licenziare e che la facilitazione nei licenziamenti non verrà sfruttata. In tal caso non si capisce la ragione dell' irrigidimento su una variazione normativa che, nella migliore delle ipotesi, esporrà i lavoratori a ulteriori ricatti.
In ogni modo le due teorie sono in aperta contraddizione.
E' davvero il caso di valutare se non esista una strada alternativa.
Se questi stramaledetti Mercati pretendono di far crescere il benessere di pochi a discapito della sopravvivenza dei molti, come è stato finora, forse è il caso che i molti li mandino a quel paese, loro e i loro sacerdoti, tutti quelli che costruiscono riti, filosofie, motivazioni che fanno della finanza una specie di religione del profitto ad ogni costo, libera dall'ingombro dell'etica e delle persone superflue, quelle che non hanno potere, parola, diritti, perché non hanno accesso ai Mercati.
Come ci siamo arrivati?
Con la destra.
Con l'egoismo, con la competizione spietata, con l'idea che solo i migliori meritino di sopravvivere. Con i governi forti con i deboli e deboli con i forti, mica per cattiveria, per formazione culturale.
I governi composti da persone che non hanno un problema al mondo a giudicare utile per "la comunità" un provvedimento di cui altri, infinitamente meno agiati di loro, pagheranno il costo.
Sarà anche demagogia, ma io mi domando che ne sa dei problemi di un operaio o di un pensionato a seicento euro al mese, terrorizzato da ulteriori provvedimenti restrittivi, la pelle e la pancia di chi decide, dall'alto dei suoi ben remunerati incarichi, che quell'operaio e quel pensionato fanno solo parte di un numero di persone destinato a fare altri sacrifici.
Eppure, anche questa è la logica dei Mercati.
Una logica aberrante che ritiene possibile e normale un'economia sorda ai bisogni della maggioranza delle persone.

venerdì 23 marzo 2012

Tutti in classe.

Uno dei problemi dei professori è che tendono sempre a impartire lezioncine, e, per essere più efficaci, ad illustrarle con dimostrazioni che anche gli alunni più sprovveduti possano capire.
A volte però hanno la sfortuna di incappare in studenti meno sprovveduti di quel che essi vorrebbero.
Oggi ho beccato CoccoFornero (o Fornedrillo, se preferite), su un'emittente televisiva, mentre, con un fascio di fogli in mano e un sorriso a piene zanne, catechizzava: "Vedete, questa è la riforma." Poi indicava poche righe del documento: "E questa è la parte che riguarda l'articolo 18".
Come ad avvalorare la tesi che la normativa sui licenziamenti facilitati non meriti tutta questa attenzione, perché si tratta di pochissima cosa nel mare magno dell'articolato.
Quantitativamente è senz'altro così.

Cara Elsa, io ti stimo moltissimo, penso che tu sia una donna intelligente, piena di risorse, sinceramente dedita al ruolo che il Paese ti ha assegnato. Ritengo che le tue intuizioni siano geniali e che ci porteranno prestissimo sul sentiero luminoso di una crescita inarrestabile, una situazione in cui la disoccupazione crollerà e i giovani avranno lavoro a profusione, mentre i loro padri e i loro nonni potranno godersi una vita lavorativa arricchita da esperienze disparate e una vecchiaia serena e libera da ogni preoccupazione.
Credo fermamente in tutto questo.

Però, se ti incontro in un vicolo, ti prendo a calci nel culo.

No, signora maestra, non si offenda, ho fatto un altro esempio giusto per vedere se ho capito, per dare l'idea di quanto possa essere più determinante, a volte, la parte quantitativamente più esigua di un discorso.

martedì 20 marzo 2012

l'intelligenza offesa

Mi disturba parecchio essere preso per scemo.
E non saprei come altro definire l'atteggiamento di Monti e Fornero quando parlano (ancora!) di equità e di interesse del Paese.
Quale Paese? E quale equità?
La riforma del lavoro, nella migliore delle ipotesi, sembra funzionare come una turnazione perversa.
Posto che, davvero, generasse più posti per i giovani, si tratterebbe di quelli liberati dai licenziamenti dei lavoratori anziani, resi più facili dall'eufemismo della "maggiore flessibilità in uscita". Licenziamenti che, in forza del rapidissimo innalzamento delle pensioni, lascerebbero privi di qualsiasi tutela i "lavoratori in uscita" dal momento della loro estromissione fino al compimento del 67 anno di età (salvo ulteriori innalzamenti)
Il saldo dei posti di lavoro, quello dei disoccupati, quello della crescita, non cambierebbe.
Probabilmente per le aziende sarebbe meglio disporre di una forza lavoro più giovane; per le possibilità di sopravvivenza, gli anziani sarebbero invece svantaggiati.
Monti, per la verità, qualcosa di chiaro l'ha detto, quando ha asserito che la riforma del lavoro è coerente con quella delle pensioni.
E anche un esponente di confindustria, questa sera, ha candidamente ammesso che questa riforma deve permettere l'uscita di quei lavoratori che non potrebbero andarsene, visto l'allungamento dell'età pensionabile.
Camusso l'ha spiegato bene, e semplicemente: ognuna delle azioni portate a termine da questo governo è andata contro gli interessi dei lavoratori dipendenti e dei pensionati.
E allora dovremmo pensare che gli interessi del Paese vadano contro gli interessi della sua parte economicamente più debole, oppure dovremmo ritenere che lavoratori dipendenti e pensionati siano contro gli interessi del Paese, forse rappresentati meglio dagli imprenditori, dai politici, dal mercato e dal capitale?
La verità è che spacciare tutta questa attività che penalizza una parte non piccola del Paese per equità, e continuare a fare appello al nostro senso di responsabilità, data la gravità del momento, è come toglierci la speranza, trattandoci anche come poveri imbecilli.

martedì 13 marzo 2012

si chiude

Lavoro, dieci giorni e si chiude.
Mi piacerebbe essere Vauro o Ellekappa o un altro grande disegnatore perché il titolo di oggi di Repubblica è una magnifica didascalia.
Provo a descrivervi quello che disegnerei, e conto sull'immaginazione.
Una fabbrica. Con una saracinesca che la Fornero sta cercando di tirare giù oltre la metà, mentre la Camusso, vestita in tuta blu, cerca di infilarsi nel varco.
Nel frattempo, Angeletti e Bonanni fronteggiano una schiera di operai, allargando le braccia in un gesto di impotenza, e, dall'alto, su un monte, Bersani osserva da lontano.
La realtà è che la Fornero, in prossimità di una riforma che riguarderà soprattutto i lavoratori dipendenti che hanno i salari più bassi di Europa e sono stati velocemente già vessati da una riforma che ci porta a un'età di pensione tra le più alte d'Europa, si permette di parlare di privilegi da togliere.
Ora, capirei se stesse trattando di pensioni d'oro, di stipendi dei politici, di corporazioni, ma no; il nostro coccodrillo dalla lacrima digestiva si riferisce proprio agli ammortizzatori sociali, all'articolo 18, alle tutele rimaste ai soliti noti, insomma.
I quali soliti noti si dovrebbero pure sentire in colpa per la loro "fortuna".
E qual è dunque il sistema più rapido e redditizio per unificare? Non certo estendere i diritti a chi non li ha, ma toglierli a quelli che se li sono conquistati.
Sospetto che la Fornero, privilegiando un punto di vista strettamente mercantile, teorizzi che un ritorno alla schiavitù migliorerebbe di molto la crescita del Paese.
E allora l'equità è sempre più lontana, l'amoralità del mercato e l'impotenza della politica sono sempre più evidenti.
A questo punto, gettassero la maschera.
Governo tecnico di destra, spiccatamente orientato al mercato, con buona pace delle famiglie dei poveracci che si dovrebbero vergognare dell'anacronistico privilegio della sopravvivenza.
E buona notte all'equità.