da ognuno secondo le sue possibilità, a ognuno secondo i suoi bisogni (Karl Marx)

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martedì 28 febbraio 2012

Il corpo e l'anima(ccia)

Parliamo un po' di Grecia. E di Europa.
Siamo qui a discutere se i Greci (troppo comodo parlare di Grecia e basta) meritino o no gli aiuti che li facciano uscire da una situazione terribile. Cincischiamo, scherziamo col fuoco di una possibile guerra civile, mentre aumentano i senza lavoro, i senza tetto, i senza speranza.
Se continuiamo così, oltre a rischi di ordine pubblico che sembrano circoscritti ai nostri vicini, ma io sospetto che si possano allargare, forse i Greci entreranno anche a far parte dell'immigrazione disperata che tanto disturba l'Europa benestante.
Uno dei ritornelli che ho sentito, ogni volta che l'Europa ha imposto a quelle famiglie sacrifici sempre più disperati è: "Pagano per anni di dissolutezza economica."
A parte il fatto che, come succede quasi sempre in questi casi, quelli che pagano non sono probabilmente quelli che hanno provocato il danno, io credo che dovremmo chiederci come vogliamo essere Europa.
Fino ad ora siamo stati un organismo sovranazionale che ha abborracciato una specie di unione monetaria, attraversato da nazionalismi e competizioni per la supremazia, dove i più ricchi e i più forti dettano legge e gli altri subiscono.
Se queste sono le regole, bé, la storia ci ha insegnato che non portano a niente di buono. Oggi come oggi le guerre degli eserciti sono state sostituite dalle guerre del mercato, ma anche queste fanno vittime e invasioni e conquiste, al punto che potrebbero perfino preparare la strada a biechi ritorni.
Io credo che se cominciassimo a pensare all'Europa come a un corpo, saremmo invece sulla buona strada.
Facciamo che io sono l'Europa e la Grecia è il mio dito mignolo.
Se mi fa male un dito mignolo, dico che è colpa sua, me lo taglio, o cerco di curarlo perché fa parte di me e, in ultima analisi, in quanto dito mignolo mi piace e mi serve?
Quale anima nera sarebbe così stolidamente crudele da punire la propria caviglia perché ha preso una storta?
Muzio Scevola fece qualcosa del genere, ma restò irrimediabilmente monco.
Adesso passiamo ai Supermario Brothers.
Draghi fa sponda a Monti e dice che, in Europa, dobbiamo ridimensionare un welfare che frena lo sviluppo.
Ma che sviluppo è, senza welfare?
Se sviluppo significa, sempre di più, che i meno fortunati o abili devono soccombere, se lo sviluppo è quello dei Marchionne, uno dei manager più pagati in Europa che minaccia, un giorno sì e l'altro anche, di affamare migliaia di famiglie in nome dello sviluppo suo e di pochi eletti, se sviluppo e welfare sono antitetici (e io credo di no), se davvero si impone una scelta, suggerisco di ridimensionare lo sviluppo e lo stipendio dei Marchionne, e di tenerci il welfare.


7 marzo

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giovedì 23 febbraio 2012

l'alfabeto del pirla

Sono io.
Il pirla.
Faccio la solita doverosa premessa: tra questo governo e il precedente ci sono distanze siderali; c'è intelligenza dove non ce n'era; serietà e credibilità dove mancavano; capacità di analisi e sintesi prima sconosciute.
Ciò detto, vado a fare i miei compiti.

F come Fornero.
La ministra mi fa venire in mente quella filastrocca per bambini "il coccodrillo come fa? Ta ta ta ta..."
Fa come lei. Piange appena mangiate in un rapidissimo boccone le pensioni dei pensionati e le speranze dei pensionandi.
E io, da buon pirla, ho creduto al suo dolore sincero, senza capire che lei, da buon coccodrillo, ha avuto soltanto una digestione difficile.
Tant'è che il ricordo dell'imbarazzo non le ha tuttavia impedito di accingersi a divorare l'articolo 18 e le tutele dei lavoratori, con o senza la loro disponibilità.
C'è da capirla, con tutta la buona volontà, è difficile che una gazzella sia disponibile all'invito a pranzo di un cocco.

S come Severino.
Sarà anche vero che con le sue tasse ci si paga un ospedale, ma se andiamo a prendere i suoi sette milioni lordi e li dividiamo tra duecentocinquanta operai, otterremmo un reddito annuo pro-capite di poco meno di trentamila euro lordi. Pagate le tasse, l'ospedale ci esce lo stesso con il contributo di tutti.
D'altra parte che cosa aveva detto quell'antico comunista, a proposito di ricchi, cammelli, e aghi?
Ma io sono un pirla, è solo demagogia di sinistra.

M come Monti.
Lo so, non rispetto l'ordine alfabetico, ma questo è l'alfabeto del pirla.
Il boss, dunque, è stato velocissimo a correre ai ripari scaricando il peso delle prime riforme emergenziali su lavoratori dipendenti e pensionati.
Il resto, diceva, verrà dopo, nel segno dell'equità.
Ci ho creduto, indovinate perché.
Ebbene, il dopo è arrivato e, mentre per le pensioni è bastato un batter d'occhio, le liberalizzazioni e l'ICI ecclesiastica (tanto per dirne due), paiono incontrare difficoltà molto difficili da superare.
Stavolta però non ho sentito nessuno dichiarare che il governo andrà avanti con o senza il consenso delle controparti.

V come Veltroni.
Date queste premesse, se è vero che Walter ha dichiarato che non si può lasciare il governo Monti alla destra, soltanto un pirla come me può aver creduto al suo discorso pre-elettorale di qualche secolo fa, quando lui era il candidato premier della sinistra.
Ma per la miseria, Walter! Ma questi, per bellini e presentabili che siano, ti pare che siano recuperabili alla causa della sinistra? A meno che tu non voglia cambiare causa...
Provo con una metafora.
Noi stiamo nuotando da decenni in un'acqua sozza e agitata (il sistema governato dall'amorale mercato), e questi ci danno una possibilità di rimanere a galla perché quest'acqua, lurida e tumultuosa, la conoscono benissimo e ci si sanno muovere in mezzo meglio di chiunque.
Quelli di prima, invece, indipendentemente dalle loro conoscenze fecali, ci avrebbero affogati volentieri per salvare solo se stessi.
Nè gli uni né gli altri, però, hanno in mente il barlume dell'idea di ripulire l'acqua e di costruire porti sicuri per piccole barche.
Per fare questo ci vorrebbe un po' di politica nobile e innovativa, che, per ora, pare un ossimoro.
E allora, cosa ne diresti, Walter, se ti dessimo retta e organizzassimo uno scambio: il governo Monti passa alla sinistra e tu ti accasi a destra.
Tutto sommato, forse, aiuterebbe, e il tuo sacrificio sarebbe meno pesante del loro.

martedì 14 febbraio 2012

post scriptum

La Pinotti, almeno, dichiara di essersi accorta di avere sbagliato a pensare, come ha sbandierato in più occasioni, che questo fosse "il suo momento".
La Vincenzi, invece, che tanto aveva saputo mostrare dignità e attributi nella gestione del dopo-alluvione, mettendoci la faccia e l'impegno, è tornata a comportarsi da preside isterica, dando, nella sconfitta politica, il peggio di sé.
Ha le sue attenuanti, poveretta, l'hanno obbligata a una prova che avrebbe fatto girare le balle anche a un santo.
Resta il fatto che la sua uscita di scena, con accompagnamento di veterofemminismo e piagnisteo sulla persecuzione, non è molto onorevole.
Basso (segretario regionale PD) e Rasetto (segretario provinciale) annunciano dimissioni.
Bersani dice, correttamente, che bisogna sostenere Doria e, capziosamente, che non si dovevano presentare due candidate del PD.
Ora, tutto questo va a conferma di alcune mie riflessioni.
1 Esiste il fondatissimo pericolo che la sinistra, a Genova, replichi il suo vezzo suicida.
Qual'è, infatti, la "tragedia" di queste primarie? Che ha vinto, inevitabilmente, uno di sinistra.
Non è stato presentato dal partito. E allora? Non abbiamo perso nulla, a sinistra, anzi, abbiamo avuto l'occasione di testare la vicinanza (lontananza) degli elettori, e dato al PD il tempo di correggere gli errori senza aver consegnato alcunché all'avversario.
Il partito faccia tesoro dei voti andati a Doria e si adoperi per farlo vincere non contro la Vincenzi o la Pinotti o il PD medesimo, ma contro la destra. E' nelle elezioni del sindaco che gli sbagli possono costare cari.
In quest'ottica, le dimissioni del day after sono utili soprattutto ai titoli dei giornali e all'isteria collettiva.
Vinciamo davvero, prima. E dopo, magari, facciamo i conti.
2 Io sostengo che Doria non si è presentato contro il PD; a questo punto mi tocca però mettere in conto che un po' di PD sia contro Doria. (stupidaggine gigantesca!)
3 Caro Bersani, forse il problema, più che riguardare il numero delle candidate, concerne la loro qualità.
4 Se davvero Basso, che ha 36 anni, e Rasetto, che appare ancora più giovane, hanno sbagliato, con una strategia rivolta più alla famosa autoreferenzialità della sinistra che alle vere esigenze della città, questa è la prova provata che le minchiate, in politica, non sono appannaggio esclusivo degli anziani, come qualche rottamatore vorrebbe far credere.
In realtà, l'atteggiamento fin qui tenuto da alcuni quadri, locali e non, del partito tende a dimostrare che le minchiate sono come gli angeli: non hanno età né, a quanto pare, sesso.
5 Resto così ottimista da ritenere che, a Genova, la sinistra si debba impegnare di più, se vuole perdere il sindaco, però, mi pare davvero il momento di smetterla; abbiamo in cascina minchiate sufficienti per i prossimi dieci anni, se ne sentissimo la mancanza.

lunedì 13 febbraio 2012

e una.

Marco Doria ha vinto le primarie del centro-sinistra, a Genova.
Sono contento, è il mio candidato.
Adesso però deve vincere anche le elezioni del sindaco e, per questo, sarà opportuno darsi una regolata.
Giornali e televisioni hanno fornito approfondimenti di ogni tipo, interviste e commenti di chiunque.
Alcune analisi mi preoccupano perché sembrano fatte apposta per fare danni.
Intanto, certi quotidiani presentano Doria come il candidato di SEL. Falso. A me risulta che Marco Doria sia un indipendente che SEL ha deciso di appoggiare successivamente alla sua candidatura.
Con tutto il rispetto per quel partito, di cui condivido molta politica, non mi pare onesto voler connotare una candidatura apartitica come altra cosa, magari attizzando polemica con altre formazioni della sinistra.
Un altro dei temi preferiti è che Marco Doria si sia candidato contro il PD e che contro il PD abbia vinto.
Io ho l'impressione che si sia candidato alle primarie per diventare il candidato sindaco del PD e di tutto il resto del centro-sinistra e, per quanto mi riguarda, l'ho votato soprattutto perché non apprezzo le altre due candidate più importanti, Vincenzi e Pinotti.
Altra valutazione è la seguente: Pinotti e Vincenzi insieme hanno più voti di Doria.
E chi l'ha detto che quelli che hanno votato Pinotti, in sua assenza, avrebbero dato il voto a Vincenzi, e viceversa? Magari sarebbero stati a casa.
L'ultima botta è quella sferrata al PD che, di sicuro, una serie di colpe ce l'ha; candidare alle primarie il sindaco uscente non pare una buona strategia, come non è sembrato bello il tira-molla che ha preceduto queste elezioni, come non sono parse tempestive alcune non-scelte.
Detto questo, io non so se ci sarà una resa dei conti o un cambiamento di strategie a seguito di queste primarie; quello che so è che i veleni, le dichiarazioni indispettite e dispettose, le ripicche, l' "io-l'avevo-detto", non serviranno a farci vincere.
Le primarie, in Italia, le ha inventate il PD, non sarà mica così stupido da farsele scoppiare in mano!
Se ha vinto un candidato diverso da quello proposto dall'apparato, vuol dire che l'apparato deve sintonizzarsi un po' di più con la gente, e adesso ha l'occasione per farlo.
E' la democrazia, bellezza.
Adesso Marco Doria non può che essere il candidato del PD, della gente del PD. Punto e basta.
Pisapia docet.

giovedì 2 febbraio 2012

governo tecnico di destra

Premetto: meglio un'unghia di Monti e dei suoi ministri che tonnellate di ciccia di quelli che c'erano prima.
I giornali, però, riportano un paio di frasi del presidente del consiglio che sgombrano ogni dubbio residuo sulla paternità delle idee per le quali simpatizza il nostro governo tecnico.Le comunicazioni riguardano la "noia del posto fisso" e "l'apartheid generato dall'articolo 18".
La prima opinione non è nuova, la sento circolare da una trentina d'anni, l'ho sentita perfino in bocca alla sinistra, anni fa, perfino al sindacato.
Declinata con sfumature leggermente diverse, è stata la testa di ponte culturale che ha dato il via alla frana del precariato che ha seppellito quelli che ormai sono ex giovani e che continua a seppellire i giovani di adesso.
Dietro quella massima sono spuntati i contratti a tempo determinato, gli interinali, i co.co. eccetera, i falsi contratti professionali, che hanno smantellato garanzie faticosamente conquistate dai lavoratori nei decenni precedenti.
Dicevo che questa tragica baggianata ha funzionato, in tempi più lontani, anche a sinistra, e voglio credere che i sindacati, allora, l'abbiano ripetuta in buona fede, raggirati dalle proposte dei padroni in nome di un allargamento dell'occupazione.
Voglio essere così laico da presumere che anche Monti abbia detto la sua stupidaggine credendoci, anche se, alla luce degli effetti disastrosi di pluriennali politiche di "deregulation" e "flessibilità" che ognuno di noi ha sotto gli occhi, ci vuole un grosso sforzo a concedergli il beneficio della buona fede.
Resta il fatto che non ha funzionato e non funzionerà finché il paese non esprimerà davvero la possibilità di cambiare lavoro, ma lavoro serio e vero, per quanti lavoratori venissero immessi nel circuito di una rinata produttività.
Se vogliamo parlare di cambiamento di lavoro, dobbiamo prima accertarci, come minimo, che ci sia del lavoro da cambiare.
Per quanto riguarda l'articolo 18, poi, la posizione è talmente insostenibile che la posso comprendere in bocca a Sacconi, ma mi riesce difficile immaginare che davvero un uomo intelligente pensi che il modo migliore per tutelare tutti sia quello di eliminare tutele a chi già le ha. Sarebbe come sostenere (e giuro che, anni fa, una cosa del genere l'ho sentita venire da destra) la teoria che siccome in Italia c'è ingiustizia fiscale tra lavoratori dipendenti e pensionati, e lavoratori autonomi, bisognerebbe dare anche ai dipendenti e ai pensionati la possibilità di evadere il fisco.
Monti è quindi sicuramente un tecnico, nel senso che ha un ruolo politico svincolato dai partiti per quanto possibile, ma queste due affermazioni sono senza dubbio figlie del liberismo tanto caro a quel ceto sociale, o, per meglio dire, a quella classe, che ha portato il mondo in questa situazione terribile.
Dobbiamo lavorare perché si faccia strada un'alternativa alla vergognosa egemonia della finanza e del mercato sulle persone; e questo temo che Monti non lo farà mai.
Colgo l'occasione per parlare del treno fermo in mezzo alla campagna per 7 ore, con circa seicento passeggeri lasciati senza riscaldamento né generi di conforto, in molti casi, in piedi nei corridoi.
Mi domando come fanno i treni in Germania, o in Russia, quando nevica.
Immagino che la tundra tra Cesena e Forlì sia meno aspra di quella siberiana, eppure, in Italia, dove abbiamo frecce di tutti i colori, progetti ambiziosi di alta velocità, treni con scompartimenti dedicati a manager rampanti, forniti di tutti i comfort (sia gli scompartimenti che i manager), in Italia dicevo, la gente normale viaggia su treni sporchi e fatiscenti, pidocchiosi e cimiciosi, spesso rotti o bloccati perfino da una pioggerella appena più intensa.
Ora mi domando: ma Moretti (non Nanni, Mauro), l'AD delle Ferrovie, quello che l'anno scorso, in situazione analoga, aveva detto che i passeggeri dovrebbero salire su un treno portandosi dietro una coperta e un po' d'acqua, perché non si sa mai; quel Moretti lì, dicevo, che probabilmente prende un sacco di soldi per licenziare gente, dire minchiate e far funzionare le ferrovie solo per passeggeri da un certo reddito in su; quel Moretti lì che vorrei mettere, nudo, su un treno frequentato solo da pendolari, fermo nella campagna innevata; quel Moretti lì, insomma, non ce lo potremmo togliere dai piedi? Aiuterebbe l'immagine dell'Italia nel mondo e anche quella dell'Italia tra Cesena e Forlì.