da ognuno secondo le sue possibilità, a ognuno secondo i suoi bisogni (Karl Marx)

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lunedì 22 settembre 2014

brutti segni

Stavolta non mi ha convinto.
Renzi dice che l'articolo 18 si può superare e che il mondo del lavoro, in Italia, è rovinato da una sorta di apartheid e si scaglia contro i sindacati (CGIL) che, secondo lui, hanno sempre difeso i diritti di pochi lasciando i molti al loro destino.
Poi sembra che il tanto decantato job act dovrebbe prevedere di mantenere in vigore il diritto al reintegro per licenziamenti ingiusti per i lavoratori in servizio, e cancellare tale diritto, sostituito da un indennizzo, per i nuovi assunti.
Non mi pare un bel modo di eliminare l'apartheid.
E, per dirla tutta, il sindacato avrà senz'altro le sue colpe, ma non sono mai state le sigle sindacali a decidere le politiche del lavoro, quel potere l'hanno sempre avuto i politici, quindi, semmai, è più alla categoria dei Renzi che a quella delle Camusso che si può chiedere: "Dove eri quando si fabbricavano i precari?"
Renzi dice che non bisogna focalizzarsi solo sull'articolo 18, e Sacconi ci spiega che ci sono anche, nella riforma, il via libera al controllo a distanza dei lavoratori e all'obbligo di accettare mansioni  di livello ridotto. Peggio mi sento.
Forse il sindacato è rimasto indietro, ma raggiungere una parità di diritti, eliminando i diritti stessi non mi pare buona politica.
Lascio stare la bufala colossale che viene da Squinzi:"Colleghi imprenditori dicono che, dall'estero, non investono in Italia perché c'è l'articolo 18."
Mi pare invece interessante quello che Landini è riuscito a far dire a Ichino: "In caso di licenziamento è meglio che sia l'imprenditore, che conosce il suo settore, a giudicare se esso sia opportuno o no, più che un giudice esterno."
E certo, Ichino, chi meglio di Marchionne per giudicare se sono giusti i licenziamenti alla FIAT?
Come a dire, chi meglio di un ladro può stabilire se ha rubato? Nessuno conosce il suo mestiere meglio di lui.   
In realtà tutto questo odio verso un diritto dei lavoratori, di matrice destrorso-sacconiana, non ha ragion d'essere in una riforma che vuole tendere alla ripresa e all'occupazione.
Il nocciolo è che tutte le modifiche potenzialmente buone o accettabili, ventilate da Renzi sulla sua riforma, tipo la sistemazione degli ammortizzatori sociali o le tutele crescenti, non mi sembra abbiano bisogno del sacrificio dell'art. 18 per essere attuate.
E allora, dato che non da ieri e non da solo, sono convinto che questo diritto, se abolito, non porterà a un posto di lavoro in più, anzi, caso mai il contrario, a prezzo di un'altra serie di tensioni sociali di cui il Paese potrebbe fare sicuramente a meno, qualcuno mi può spiegare a chi deve pagare pegno il premier? Di nuovo all'Europa? O alle fetide alleanze nostrane? O è proprio che la sinistra, in Italia, per vincere deve farsi destra? 

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